18 gennaio 2010

Nessuno escluso! Riflessione sulla direttiva ministeriale di un tetto del 30% agli alunni stranieri nelle scuole italiane

NESSUNO ESCLUSO!

L'8 gennaio 2010 è stata emanata dal direttore generale Dutto una circolare riguardante l'inserimento nella scuola italiana degli “alunni con diversa provenienza ed esperienza scolastica” contenente la direttiva di porre un tetto del 30% alla presenza di questi alunni nelle nostre classi. Nella circolare si ravvisano criticità e “problemi di non facile gestione e soluzione che incidono negativamente sull'efficacia dei servizi scolastici e sugli esiti formativi” rispetto al numero crescente di studenti con diversa provenienza “sociale, culturale, etnica e con differenti capacità ed esperienze di apprendimento”. Non vi è traccia, invece, dell'analisi di quei potenziali aspetti positivi ascrivibili alla presenza di alunni stranieri nelle nostre classi. La diversità di condizione sociale, di provenienza culturale, di livello di scolarizzazione, di abilità e capacità di apprendimento costituisce una varietà che contraddistingue da sempre in modo più che positivo la scuola pubblica italiana rendendola un luogo aperto a tutti, un terreno fecondo per il confronto e il dialogo, una palestra di tolleranza e integrazione.
La maggiore presenza di alunni stranieri, si legge nella circolare, impone ai docenti il superamento di “modelli e tecniche educative e formative tradizionali e [spinge verso] l'adozione di metodologie, strumenti e contributi professionali adeguati alle nuove e diverse esigenze”. Quello che sembra emergere come un dato negativo è invece un presupposto fondante della professionalità docente in quanto ogni intenzionalità educativa è sempre costruita in funzione della relazione che si instaura con le diverse soggettività discenti, le quali cambiano di anno in anno e da classe a classe. Pertanto non può esistere una didattica “tradizionale” se non quella di ottocentesca memoria di un maestro sempre identico a se stesso; la pedagogia del Novecento ha, infatti, da lungo tempo superato questo tipo di visione educativa mettendo al centro della didattica lo studente e le sue specificità, abilità e potenzialità da esprimere sempre nel rispetto delle altrui specificità in un clima che il docente contribuisce a rendere sereno, collaborativo e improntato alla reciprocità. Se il fenomeno dell'aumento degli alunni stranieri nelle nostre classi spinge i docenti alla ricerca e al perfezionamento della didattica disciplinare, quindi, è un fattore altamente positivo!
Gli insuccessi scolastici, gli abbandoni, i ritardi nei percorsi di studio sono davvero da attribuire alla presenza nelle nostre scuole di alunni stranieri o “con differenti capacità ed esperienze di apprendimento” come vorrebbe far apparire il ministero dell'istruzione? O piuttosto c'è da preoccuparsi nel nostro paese quando la ministra Gelmini, guardando alla scuola, all'educazione e alla formazione dei giovani pensa che possa essere sufficiente cercare di gestire e amministrare gli studenti attraverso un rigido computo numerico “orientando i flussi delle iscrizioni tra le varie istituzioni scolastiche e l'equilibrata ripartizione degli alunni tra le classi” e esortando più o meno esplicitamente i Collegi docenti e i Consigli di Istituto a optare per una sorta di “segregazione educativa”? L'inclusione degli studenti stranieri, nelle nostre classi prima e nella società poi, non può essere realizzata a partire da un rigido monitoraggio del flusso di iscrizioni nelle singole realtà scolastiche. L'inclusione si realizza nelle nostre classi più facilmente quando le istituzioni scolastiche hanno a disposizione docenti di L2, mediatori culturali, facilitatori che possano svolgere quel prezioso lavoro di accoglienza e orientamento linguistico e culturale. Il mediatore rappresenta, infatti, un ponte tra due realtà, tra due mondi favorendo ogni giorno conoscenza, riconoscimento reciproco e dialogo. Ancora una volta è importante ribadire che trattare i nostri studenti come numeri non solo non porterà all'obiettivo dell'inclusione più velocemente, ma oltre a rappresentare una modalità mortificante di approccio al mondo della scuola, certamente non ci consentirà di raggiungere gli obiettivi previsti dalla strategia di Lisbona per i paesi dell'Unione Europea secondo la quale dovrebbero assumere sempre maggiore importanza proprio quelle figure professionali che contribuiscono alla coesione sociale perseguendo interazione tra le culture, pari opportunità, dialogo, non discriminazione, interscambio.
I fattori problematici per gli studenti immigrati come la dispersione, gli abbandoni e i ritardi nell'itinerario scolastico sono rischi ascrivibili a una serie di concause tra le quali non è da escludersi il clima tutt'altro che accogliente della società italiana dove spesso lo spazio mediatico è saturo di atteggiamenti xenofobici e provvedimenti di legge restrittivi, punitivi o improntati al controllo e alla marginalizzazione.
Per quanto concerne le difficoltà rispetto alla lingua italiana, occorre precisare che un numero rilevante di studenti stranieri che frequentano le nostre scuole sono in realtà nati in Italia e quindi possiedono una doppia competenza linguistica. Per gli studenti migranti che presentano delle difficoltà in quanto non nati nel nostro paese occorre tenere presente che l'apprendimento della lingua italiana si rivela maggiormente efficace quando si è immersi in un ambiente di parlanti tale lingua sentendosi nello stesso tempo parte di una comunità di discenti che condivide conoscenze specifiche e il medesimo percorso di crescita. È proprio in classe che si gioca la prima opportunità di integrazione, pertanto differenziare i percorsi degli studenti delle scuole secondarie di secondo grado significa scegliere di mancare questa opportunità pensando che evitare il confronto tra culture diverse da quella italiana possa poi produrre quelle dinamiche interculturali spesso citate nella suddetta circolare. Senza contare la grande volizione manifestata nello studio da parte di molti studenti stranieri che affrontano il proprio percorso scolastico con grande motivazione alla riuscita e che sono, quindi, in grado se opportunamente incentivati, sostenuti e incoraggiati di ottenere risultati brillanti nonostante le difficoltà iniziali. Ma perché il successo scolastico possa essere una meta raggiunta da molti di questi studenti occorre che il ministero dell'istruzione per primo si faccia carico delle spese necessarie per costruire un percorso di orientamento parallelo a quello scolastico attraverso l'opera dei mediatori culturali e l'attivazione di corsi L2 senza mai rinunciare contemporaneamente alla libera e piena partecipazione degli studenti nelle stesse classi e con le medesime opportunità degli studenti italiani.
Dalla circolare traspare la convinzione secondo la quale coesione sociale e successo scolastico si costruiscono a partire dalla conoscenza e dalla pratica della lingua italiana, nonché dall'insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Non si comprende bene, però, come la costruzione di percorsi differenziati e di opportunità disuguali tra gli studenti – laddove si pone un limite, un tetto del 30% alla frequenza degli alunni stranieri tale da orientare questi studenti in funzione della loro stessa distribuzione nelle istituzioni scolastiche del territorio piuttosto che rispetto alla personale predisposizione, alle abilità o agli interessi personali – possa condurre all'obiettivo della coesione sociale. Praticare nella quotidianità la coesione all'interno della dimensione scolastica è, invece, il punto di partenza per giungere alla conoscenza della lingua italiana a sua volta premessa di una buona riuscita nel percorso scolastico di tutti gli studenti. Del resto quale modo migliore di insegnare Cittadinanza e Costituzione se non quello di praticarne attivamente i principi imparando a stare insieme nonostante le differenze economiche, religiose, culturali, linguistiche? Imparando a conoscere l'altro da sé senza pregiudizi, costruendo il dialogo nella prossimità e nella vicinanza? Occorre che i genitori, i docenti e l'opinione pubblica non cadano nella tanto ignobile quanto falsa trappola del timore che la presenza di alunni stranieri nelle nostre scuole possa incidere negativamente sul rendimento degli alunni italiani per due ragioni: perché la presenza di alunni stranieri è spesso stata registrata come causa positiva del successo scolastico, ma soprattutto perché è fondamentale preoccuparsi del rendimento di tutti gli studenti, italiani e non, presenti nelle nostre scuole.
La circolare emanata dal dott. Dutto prevede che le scuole inizino a “programmare il flusso delle iscrizioni con azioni concertate e attivate territorialmente con l'Ente locale e la Prefettura e gestite in modo strategico dagli Uffici Scolastici Regionali”. Gli studenti appena arrivati in seguito al ricongiungimento familiare e quelli con minore conoscenza della lingua italiana dovrebbero essere suddivisi nelle classi in base ai seguenti criteri:
1. il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non potrà superare di norma il 30% del totale degli iscritti;
2. il limite del 30% entra in vigore dall’anno scolastico 2010-2011 a partire dal primo anno della scuola dell’infanzia e dalle classi prime sia della scuola primaria, sia della scuola secondaria di I e di II grado;
3. il limite del 30% può essere innalzato – con determinazione del Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale – a fronte della presenza di alunni stranieri (come può frequentemente accadere nel caso di quelli nati in Italia) già in possesso delle adeguate competenze linguistiche;
4. il limite del 30% può di contro venire ridotto, sempre con determinazione del Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale, a fronte della presenza di alunni stranieri per i quali risulti all’atto dell’iscrizione una padronanza della lingua italiana ancora inadeguata a una compiuta partecipazione all’attività didattica e comunque a fronte di particolari e documentate complessità.
I criteri andranno applicati sia rispetto alla composizione delle classi sia rispetto alla distribuzione degli alunni nelle scuole del territorio attraverso la sottoscrizione di patti territoriali che vedranno coinvolti nell'organizzazione di questi flussi le istituzioni scolastiche, le Prefetture, le Province, i Comuni, gli Uffici scolastici, le scuole paritarie.
Rispetto alle iniziative e alle misure coordinate che gli Uffici Scolastici Regionali dovranno prendere nell'ambito dei sopraccitati patti territoriali desta una certa preoccupazione leggere i seguenti passaggi della circolare: “attivare idonee azioni di indirizzo nei momenti di passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria, da questa alla scuola secondaria di primo grado e da quest’ultima alla secondaria di secondo grado, nella prospettiva di un progressivo riequilibrio della presenza di alunni stranieri di recente immigrazione nei diversi settori del sistema di istruzione”; “prevedere dispositivi comuni per il passaggio delle informazioni tra le diverse scuole, con particolare attenzione alle azioni di orientamento”. L'azione di orientamento legata alla continuità tra i diversi ordini di scuola sembra improntata, all'interno di questo testo, unicamente alla prevenzione del sovraffollamento piuttosto che alla formazione e al corretto orientamento rispetto a specificità, abilità e competenze dei singoli studenti. Senza contare che la costrizione a dover lasciare la zona in cui i ragazzi vivono e crescono in funzione all'obbligo di rispettare la soglia del 30% costituisce una difficoltà ulteriore per questi studenti che dovranno ricominciare ancora una volta a creare nuovi legami e nuove relazioni con il gruppo dei pari.
Gli allievi stranieri possono essere assegnati a una classe diversa da quella che corrisponde all'età anagrafica – come prevede il D.P.R. 394/99 art.45 comma 2 – dal Collegio docenti sulla base di criteri come “l'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno; la valutazione del corso di studi eventualmente seguito dall'alunno nel Paese di provenienza, del titolo di studio eventualmente posseduto dall'alunno”. Ma nella circolare dell'8 gennaio si invita esplicitamente il Collegio docenti a costituire una commissione di docenti che aggiunga ai criteri previsti dalla normativa quello della verifica delle competenze linguistiche in ingresso ribadendo la necessità di tenere conto della distribuzione degli alunni di cittadinanza non italiana adottando il criterio della soglia del 30%.
Le scuole dovrebbero inoltre attivare, a partire dal prossimo anno scolastico, delle iniziative di alfabetizzazione linguistica utilizzando le risorse messe a disposizione dalla legge 440/97 per realizzare moduli intensivi, laboratori linguistici, percorsi personalizzati di lingua italiana sia in orario curricolare sia in corsi pomeridiani. Per realizzare questo ampliamento della propria offerta formativa le scuole dovrebbero utilizzare la quota di flessibilità del 20 per cento destinato per corsi di lingua italiana di diverso livello ed eventualmente “utilizzare risorse professionali offerti e/o organizzati dal territorio”. In realtà i contenuti espressi in questi passaggi della circolare appaiono difficilmente coniugabili con le disponibilità finanziarie contenute nella legge 440/97 per l'anno 2009 per cui sono stati assegnati 140.523.964 euro, cioè 38.871.311 euro in meno rispetto al 2008. Di conseguenza, essendo negli ultimi anni sempre più cospicuo il taglio dei finanziamenti alla scuola pubblica statale, si deve dedurre che, a meno di non dover essere costretti a chiedere un contributo alle famiglie, tutti gli interventi volti alla promozione dell'inclusione e dell'integrazione dovranno essere decurtati di una cifra così alta da mettere in seria difficoltà le scuole le quali probabilmente non potranno mantenere o incentivare queste attività progettuali nonostante nella legge 440/97 esse siano previste come essenziali e prioritarie. La gestione della presenza degli alunni stranieri attraverso l'applicazione del criterio della soglia del 30% potrebbe, invece, essere l'unico provvedimento realizzato dalle istituzioni scolastiche in quanto non comporta costi; provvedimento questo che certamente non realizzerà inclusione e integrazione degli alunni stranieri nella scuola italiana.

Ernesta Bevar

http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2010/allegati/cm2_10.pdf

2 commenti:

  1. http://www.pubblica.istruzione.it/normativa/2010/allegati/cm2_10.pdf

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  2. Bisognerebbe riflettere sul fatto che alla segregazione culturale e razziale che questo governo e certa stampa stanno cercando di realizzare su vari fronti, dalla circolare che Ernesta ha bene illustrato, all'introduzione del reato di clandestinità, alle ronde, agli autobus per gli stranieri, alle campagne mediatiche intolleranti, si aggiunge una nuova differenza da stigmatizzare e combattere: la diversità sociale. Dietro la xenofobia e il razzismo si nasconde sempre la prevaricazione di una classe sociale privilegiata su quelle classi meno abbienti o, se vogliamo usare un altro linguaggio, della borghesia sul proletariato. Come docenti, dovremmo renderci conto del fatto che siamo borghesi in quanto a formazione intellettuale, ma proletari per posizione economica e forse anche sociale, almeno al nord.
    Sara

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